di Giovanni Taibi
La distinzione per non perdersi nel mare magnum della volgarità di usi e di
costumi oggi imperante, la distinzione per rivendicare la propria individualità davanti alla massa plaudente che ha come unico merito quello di correre in
soccorso del più forte !
Come distinguersi, come essere se stessi, come vivere con stile in un tempo di barbarie ?
Sono questo le domande che si pone il saggio di Tommaso Romano “Elogio della distinzione”, ( fondazione Thule cultura) in cui passa in rassegna l'esegesi e la storia dell'Aristocrazia, della Cavalleria e della Nobiltà.
Se i natali danno in qualche modo un imprimatur necessario, questo solo non è sufficiente per fare di un uomo un gentile.
Dante ce lo insegna: la vera nobiltà non risiede solo nella stirpe e nel sangue ma soprattutto nel cosiddetto cor gentile ovvero nell’animo capace di provare nobili sentimenti e comportarsi di conseguenza.
A partire da questo assunto Romano, in quello che si può considerare un vero e proprio manuale del viver cortese, diventa guida sapiente per chi intenda intraprendere con totale disinteresse economico e professionale la strada verso la distinzione, contro la massificazione e la standardizzazione dell'uomo di oggi.
“La distinzione può essere perseguita da tutti volendolo, ordinando le idee, seguendo studio, esempi e ciò che di nobile ditta dentro”. ( pag 5)
Come d’altronde ci insegna il filosofo Epicuro: “ Non la natura, che è unica per tutti, distingue i nobili dagli ignobili, ma le azioni di ciascuno e la sua forma di vita”. ( pag.68) .
Nella prima parte del libro troviamo l’Apologia della condizione singolare in cui Romano si appoggia a uno dei pilastri del suo pensiero: la Tradizione.
Come ama spesso ripetere: “Tanto più forti saranno le sue radici tanto più l'albero ( l'uomo) crescerà in altezza ( morale)”.
Dopo avere passato in rassegna il pensiero legato alla Tradizione Romano affronta un tema a lui particolarmente caro : la casa.
Essa da semplice dimora diviene la cartina di tornasole da cui è possibile avere un identikit esatto di chi la abita, del suo ( buon) gusto, del modo in cui passa il tempo libero, del valore che dà agli oggetti che diventano testimonianza delle sue esperienze di vita .
Sapere distinguersi non può che passare dal modo in cui si vive la casa, dal rapporto che si instaura con essa ma questa non deve necessariamente essere un rifugio solitario, un eremo senza terra ma "può aprirsi, accogliere pochi e scelti interlocutori per goethiane affinità elettive..... I libri, le suppellettili, gli oggetti, la musica, le buone persone, un animale fedele, la memoria ci faranno ala non certo ingombrante" ( pag 22).
Si può dunque affermare con Romano che la casa è la proiezione della propria identità.
Dopo questa prima parte di carattere didascalico il volume presenta un florilegio di autori diversi, per stile, pensiero ed epoca storica, che nei loro scritti e nel loro pensiero hanno codificato regole e grammatica della Nobiltà, spiegato il motivo della nascita della Cavalleria e dell’Aristocrazia. In quelli più recenti, è presente la biunivoca corrispondenza tra caduta di valori dei nobili ideali e crisi del tempo storico presente.
Tra le tante citazioni mi piace riportarne una di Nicolas Gomes Davila.
Lo scrittore, aforista e filosofo colombiano così scrive: “Più gli uomini si sentono uguali, più facilmente tollerano di essere trattati come pezzi intercambiabili, sostituibili e superflui. L’uguaglianza è la condizione psicologica preliminare delle carneficine fredde e scientifiche”.
Se ci riflettiamo bene, altro non è che un elogio della diversità alla rovescia cioè mettendone in evidenza i limiti autodistruttivi dell’uguaglianza intesa come obiettivo supremo da raggiungere per un popolo che vuol definirsi civile.
Segue infine un saggio sulla Nobiltà, ( scritto appositamente per Tommaso Romano) sulla Cavalleria e sull’Aristocrazia dell'illustre studioso, il nobile spagnolo Amadeo-Martin Rey y Cabieses, (Componente dell’Audizione Generale e Consigliere della Real Deputazione del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio nonché Membro Corrispondente del Collegio Araldico di Roma ) storico e critico nell’ambito araldico-cavalleresco della Classe aristocratica e della Tradizione iberica, che mostra una particolare attenzione alla storia della nobiltà italiana.
Lo scrittore spagnolo espone a chiare lettere quelli che sono i tratti distintivi della nobiltà: il rispetto della parola data, la bontà, la generosità, il valore e l’umiltà del cuore.
Nel capitolo finale, prima di una ricchissima bibliografia, c’è il Congedo al Café de Maistre, in cui Romano, malinconicamente, constata come ai nostri tempi la cultura, l’arte, la tradizione, la stessa fede siano diventati degli pseudo valori da utilizzare a piacere per il proprio tornaconto.
E allora cosa fare ? La ricetta di Tommaso Romano è semplice eppur non sempre facile da attuare: “Resistere, pur sapendo di servire una causa perduta…..Profferire parole e concetti solo quando richiesto, declinando con garbo ma fermamente la compagnia di arrivisti, molesti e insulsi; studiare e scrivere per sé e per chi egualmente non si piega…….mostrare la bellezza e la potenza del creato. Tutto ciò con la ferma consapevolezza di stare in minoranza, in assoluta minoranza, forse testimoni attivi di una ipotetica, eventuale futura memoria”. ( pag. 133-134)
Una voce fuori dal coro, un anticonformista assoluto che nella vita ha sempre seguito i suoi ideali a costo di rimetterci personalmente, pur di non abbassare la testa davanti al potente di turno. Questo è, ed è sempre stato, Tommaso Romano per chi lo conosce e a cui non fanno stupore le lapidarie frasi del suo “Elogio della Distinzione”.
Per i pochi che non lo conoscono ancora, questa lettura servirà a comprendere la figura di un intellettuale a volte scomodo ma per questo più interessante da studiare perché, attraverso il capovolgimento della prospettiva, ci fa vedere la realtà con occhi diversi e disincantati.
costumi oggi imperante, la distinzione per rivendicare la propria individualità davanti alla massa plaudente che ha come unico merito quello di correre in
soccorso del più forte !
Come distinguersi, come essere se stessi, come vivere con stile in un tempo di barbarie ?
Sono questo le domande che si pone il saggio di Tommaso Romano “Elogio della distinzione”, ( fondazione Thule cultura) in cui passa in rassegna l'esegesi e la storia dell'Aristocrazia, della Cavalleria e della Nobiltà.
Se i natali danno in qualche modo un imprimatur necessario, questo solo non è sufficiente per fare di un uomo un gentile.
Dante ce lo insegna: la vera nobiltà non risiede solo nella stirpe e nel sangue ma soprattutto nel cosiddetto cor gentile ovvero nell’animo capace di provare nobili sentimenti e comportarsi di conseguenza.
A partire da questo assunto Romano, in quello che si può considerare un vero e proprio manuale del viver cortese, diventa guida sapiente per chi intenda intraprendere con totale disinteresse economico e professionale la strada verso la distinzione, contro la massificazione e la standardizzazione dell'uomo di oggi.
“La distinzione può essere perseguita da tutti volendolo, ordinando le idee, seguendo studio, esempi e ciò che di nobile ditta dentro”. ( pag 5)
Come d’altronde ci insegna il filosofo Epicuro: “ Non la natura, che è unica per tutti, distingue i nobili dagli ignobili, ma le azioni di ciascuno e la sua forma di vita”. ( pag.68) .
Nella prima parte del libro troviamo l’Apologia della condizione singolare in cui Romano si appoggia a uno dei pilastri del suo pensiero: la Tradizione.
Come ama spesso ripetere: “Tanto più forti saranno le sue radici tanto più l'albero ( l'uomo) crescerà in altezza ( morale)”.
Dopo avere passato in rassegna il pensiero legato alla Tradizione Romano affronta un tema a lui particolarmente caro : la casa.
Essa da semplice dimora diviene la cartina di tornasole da cui è possibile avere un identikit esatto di chi la abita, del suo ( buon) gusto, del modo in cui passa il tempo libero, del valore che dà agli oggetti che diventano testimonianza delle sue esperienze di vita .
Sapere distinguersi non può che passare dal modo in cui si vive la casa, dal rapporto che si instaura con essa ma questa non deve necessariamente essere un rifugio solitario, un eremo senza terra ma "può aprirsi, accogliere pochi e scelti interlocutori per goethiane affinità elettive..... I libri, le suppellettili, gli oggetti, la musica, le buone persone, un animale fedele, la memoria ci faranno ala non certo ingombrante" ( pag 22).
Si può dunque affermare con Romano che la casa è la proiezione della propria identità.
Dopo questa prima parte di carattere didascalico il volume presenta un florilegio di autori diversi, per stile, pensiero ed epoca storica, che nei loro scritti e nel loro pensiero hanno codificato regole e grammatica della Nobiltà, spiegato il motivo della nascita della Cavalleria e dell’Aristocrazia. In quelli più recenti, è presente la biunivoca corrispondenza tra caduta di valori dei nobili ideali e crisi del tempo storico presente.
Tra le tante citazioni mi piace riportarne una di Nicolas Gomes Davila.
Lo scrittore, aforista e filosofo colombiano così scrive: “Più gli uomini si sentono uguali, più facilmente tollerano di essere trattati come pezzi intercambiabili, sostituibili e superflui. L’uguaglianza è la condizione psicologica preliminare delle carneficine fredde e scientifiche”.
Se ci riflettiamo bene, altro non è che un elogio della diversità alla rovescia cioè mettendone in evidenza i limiti autodistruttivi dell’uguaglianza intesa come obiettivo supremo da raggiungere per un popolo che vuol definirsi civile.
Segue infine un saggio sulla Nobiltà, ( scritto appositamente per Tommaso Romano) sulla Cavalleria e sull’Aristocrazia dell'illustre studioso, il nobile spagnolo Amadeo-Martin Rey y Cabieses, (Componente dell’Audizione Generale e Consigliere della Real Deputazione del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio nonché Membro Corrispondente del Collegio Araldico di Roma ) storico e critico nell’ambito araldico-cavalleresco della Classe aristocratica e della Tradizione iberica, che mostra una particolare attenzione alla storia della nobiltà italiana.
Lo scrittore spagnolo espone a chiare lettere quelli che sono i tratti distintivi della nobiltà: il rispetto della parola data, la bontà, la generosità, il valore e l’umiltà del cuore.
Nel capitolo finale, prima di una ricchissima bibliografia, c’è il Congedo al Café de Maistre, in cui Romano, malinconicamente, constata come ai nostri tempi la cultura, l’arte, la tradizione, la stessa fede siano diventati degli pseudo valori da utilizzare a piacere per il proprio tornaconto.
E allora cosa fare ? La ricetta di Tommaso Romano è semplice eppur non sempre facile da attuare: “Resistere, pur sapendo di servire una causa perduta…..Profferire parole e concetti solo quando richiesto, declinando con garbo ma fermamente la compagnia di arrivisti, molesti e insulsi; studiare e scrivere per sé e per chi egualmente non si piega…….mostrare la bellezza e la potenza del creato. Tutto ciò con la ferma consapevolezza di stare in minoranza, in assoluta minoranza, forse testimoni attivi di una ipotetica, eventuale futura memoria”. ( pag. 133-134)
Una voce fuori dal coro, un anticonformista assoluto che nella vita ha sempre seguito i suoi ideali a costo di rimetterci personalmente, pur di non abbassare la testa davanti al potente di turno. Questo è, ed è sempre stato, Tommaso Romano per chi lo conosce e a cui non fanno stupore le lapidarie frasi del suo “Elogio della Distinzione”.
Per i pochi che non lo conoscono ancora, questa lettura servirà a comprendere la figura di un intellettuale a volte scomodo ma per questo più interessante da studiare perché, attraverso il capovolgimento della prospettiva, ci fa vedere la realtà con occhi diversi e disincantati.
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